Lingua e Linguaggio
La Scienza Dialogica assume come proprio oggetto di studio il linguaggio naturale (o ordinario) e le relative modalità attraverso cui esso si manifesta nel suo uso. Il linguaggio viene definito entro tale disciplina come un insieme di unità simboliche, governate da regole di applicazione e regole d’uso:
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Con “unità simbolica” si fa riferimento a un qualsiasi segno a cui viene attribuito un valore puramente convenzionale. Lettere, parole o ideogrammi di una lingua (così come i gesti, i segni in rilievo del braille, etc.) sono degli esempi di unità simboliche, in quanto sono segni fonetici, grafici o gestuali a cui viene assegnato un valore simbolico di significazione all’interno di un territorio di codificazione linguistica.
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Le “regole di applicazione” sono invece le modalità che governano la composizione, scomposizione o raggruppamento delle unità simboliche e come tali sono da intendersi le regole sintattiche e grammaticali che caratterizzano una lingua.
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Infine, per “regole d’uso” si fa riferimento a quelle regole che, in base all’uso di un’unità simbolica, rendono possibile il conferimento di un valore all’unità simbolica stessa.
Nel corso dello sviluppo storico del linguaggio, si sono succedute 3 forme attraverso le quali era possibile conferire valore alle unità simboliche, ognuna con le sue caratteristiche: (Celleghin & Turchi, 2010)
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La valenza denotativa si riferisce al modo attraverso cui il linguaggio conferisce valore all’unità simbolica ancorandola al dato percettivo (ovvero ciò che si può riferire agli organi di senso). Un esempio di tale valenza può essere riscontrata nel disegno, iniziale carattere del linguaggio, attraverso il quale si fa corrispondere un segno a ciò che si costruisce attraverso gli organi di senso (percetto). La valenza denotativa consente, pertanto, di generare una corrispondenza con il mondo percettivo, andando a generare una realtà che si adagia su quanto gli organi di senso mettono a disposizione (Celleghin & Turchi 2010).
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La valenza connotativa si genera con il passaggio dal disegno al segno grafico (si veda ad esempio la scrittura propria delle lingue). Con l’introduzione del segno grafico, infatti, non si ha più una corrispondenza con il dato percettivo, ma il dato di realtà che viene offerto si fonda a partire dal contesto specifico in cui trova espressione. Ad esempio, se con la valenza denotativa, il valore dell’unità simbolica “cavallo” dipende dall’aderenza a quanto messo a disposizione dagli organi di senso, con la valenza connotativa il valore dipenderà dalle particolari convenzioni linguistiche proprie del contesto in cui l’unità simbolica viene impiegata. (Si pensi ad esempio al diverso valore che assume l’unità simbolica “cavallo” all’interno del contesto scacchistico o ippico). La valenza connotativa, dunque, disancorandosi dagli organi di senso, incrementa la potenza generatrice del linguaggio (Celleghin & Turchi, 2010).
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La valenza ostensiva si riferisce all’uso che viene fatto dell’unità simbolica nel momento in cui il linguaggio viene utilizzato. Con l’introduzione di questa valenza, ciò che il linguaggio crea è legato alla regola d’uso, per cui ogni qualvolta che si impiega un'unità simbolica, questa cambia il proprio valore in virtù dell’uso che se ne fa. (Celleghin & Turchi, 2010; Wittgenstein, 2009). Quindi la realtà di senso “cavallo”, non farà riferimento solamente al contesto in cui l’unità simbolica viene impiegata, ma dipenderà dall’uso che la comunità di parlanti fa dell’unità simbolica stessa. Tornando al caso del contesto scacchistico, la valenza connotativa permette di definire le regole di movimento del pezzo, la valenza ostensiva è invece relativa agli usi che possono essere fatti del pezzo: per costruire una strategia di difesa o di attacco, ad esempio.
Ancora, la valenza ostensiva mette quindi nella condizione di riassumere il valore del linguaggio nel suo complesso, in quanto ingloba la valenza connotativa che a sua volta “contiene” la valenza denotativa. (vedi fig.)
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La descrizione delle 3 valenze consente di entrare nel merito di una distinzione fondativa per la Scienza Dialogica: la distinzione tra lingua e linguaggio. Nello specifico il linguaggio risponde alla valenza ostensiva (che racchiude in sé sia la valenza denotativa, sia la valenza connotativa), e si configura come quel processo che configura la realtà di senso attraverso il valore che si genera nell’uso delle unità simboliche. La lingua, invece, risponde alla valenza connotativa (che racchiude la valenza denotativa ma si genera in virtù della valenza ostensiva) e si configura come un precipitato del linguaggio, un declinato che ha la sua dimensione locale e temporale. Pertanto, se il linguaggio è il processo, unico, che consente di configurare la realtà attraverso la regola d’uso delle unità simboliche, le lingue sono quei precipitati del linguaggio che connotano una propria realtà in virtù delle differenze di segno e regole di applicazione che le caratterizzano (Celleghin & Turchi, 2010).
La Scienza Dialogica, a differenza di discipline come la linguistica, che focalizzano il loro oggetto di studi sulle lingue nelle forme che assumono in un dato momento della storia dell'umanità, pone sotto osservazione il linguaggio che, come definito, si configura come quel processo che, mediante la regola d’uso, conferisce valore alle unità simboliche generando la realtà dialogicamente intesa. La Dialogica, pertanto, non si focalizza su componenti di contenuto come la sintassi, la semantica o la grammatica, ma sulla formalizzazione delle regole mediante le quali si configura la realtà di senso e le relative implicazioni, in termini pragmatici, che ci possono essere per i membri della specie umana (Wittgenstein, 2009; Foucault, 2015).
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Riferimenti
Celleghin, E., & Turchi, G. P. (2010). Psicologia delle differenze culturali e clinica della devianza. Occasione peripatetica per un'agorà delle
politiche sociali. UPSEL Domeneghini.
Foucault, M. (2015). L'archeologia del sapere. Bureau Biblioteca Univ. Rizzoli.
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Wittgenstein, L. (2009). Ricerche filosofiche. Edited by Mario Trinchero. Einaudi.